Ai WeiWei Never Sorry

di ZELZ |
Al cinema Apollo unica proiezione milanese del documentario: "Ai WeiWei Never Sorry". Una visione intima ma non per questo meno d'impatto dell'artista cinese di fama internazionale che il governo di Beijing varrebbe nasconderci.

Ai WeiWei Never Sorry Regia di Alison Klayman USA 2012

Martedì 29 gennaio. Cinema Apollo. Unica proiezione milanese del documentario biografico: "Ai WeiWei Never Sorry". Opera prima della regista Alison Klayman.
I posti in sala sono esauriti, qualcuno vorrebbe occupare uno scalino pur di non perdersi lo spettacolo. Eppure pochi oltre i presenti conoscono questo controverso artista cinese ribelle, ostinato ed innovativo. Indi: invece di scrivere un articolo sul cinema italiano e le sue nuove tendenze, per il mio esordio ho deciso di segnalarvi questo documentario.
Saltiamo la prevedibile introduzione con i dettagli biografici che ognuno di voi se interessato potrà provvedere a recuperare. Arriviamo al succo: a quel che rende Ai WeiWei l'artista concettuale, impertinente e visionario più attuale sulla scena internazionale e che mi porta a definire la visione di questo documentario doverosa.
Ai WeiWei è un provocatore, un teppista, gioca con il nostro perbenismo, con la nostra morale. Si spinge sempre oltre l'orizzonte del consentito ma nulla di ciò che fa è fine a se stesso. Tra le sue opere più estreme ricordiamo gli scatti che lo ritraggono mentre distrugge un vaso neolitico originale lasciandolo infrangere al suolo.
Tra quelle più ispirate sicuramente l'installazione al Tate Modern di Londra dove ha ricoperto una superficie di 1000 metri quadrati con 15 milioni di semi di girasole tutti dipinti a mano, su cui i visitatori potevano tranquillamente camminare. Il documentario ci introduce ai moventi di entrambe, io vi lascio autonomia di scoperta.

Ora veniamo alla pellicola. I concetti cardine del documentario, chiari e precisi, ruotano attorno alla complessità del personaggio, alla sua visione dell'artista come veicolo di interpretazione e spiegazione della contemporaneità, libero da ogni vincolo per necessità e dovere.

In tutto il lungometraggio si alternano due registri stilistici, la narrazione è a volte intima, quasi soggettiva, altre diretta, come in un reportage, ma in entrambi i casi si percepisce predominante la mano di Ai WeiWei, si ha l'impressione che invece della regista ci sia lui dietro la telecamera. Lo vediamo figlio premuroso consolare una madre in lacrime quanto indignato cittadino discutere animoso con le forze dell'ordine. Il messaggio ad ogni modo rimane cristallino.

Ai WeiWei è un dissidente per vocazione. In una carrellata di spezzoni tratti dai suoi due documentari sul terremoto del Sichuan o dai "video tutela" con cui riprende ogni sua iniziativa, il documentario ci descrive anche le tecniche con cui il governo cinese cerca di mettere a tacere il suo dissenso. Ai WeiWei è sorvegliato, pedinato, diffamato, aggredito, incarcerato senza giusto iter giudiziario, minacciato. Per fortuna, Ai WeiWei è anche protetto: attraverso i media internazionali, Twitter, il suo diario on line, i telegrammi web è riuscito a diventare un icona e anche se rimane una figura sul filo del rasoio non sarà facile per Beijing zittirlo con l'usuale prepotenza totalitaria.
Un artista coraggioso, eclettico mai inopportuno benchè inequivocabilmente scomodo, di cui voi spero vogliate conoscere di più.
Iniziate con la visione di questo documentario.
Oppure andate in cerca del suo blog oltre la cortina della censura cinese.

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